Gli egiziani Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel detto Tito e Mohamed Ali Abdelghani Ali detto Bob, accusati dell’assassinio di Mahmoud Abdalla, il barbiere 19enne ucciso a Genova, trasportato in una valigia a Chiavari, mutilato di testa e mani e gettato in mare, si accusano a vicenda: Forse una strategia difensiva.
Secondo quanto emerso dalle indagini e sostenuto dal pubblico ministero Daniela Pischetola i due avrebbero ucciso il connazionale perché deciso ad andare a lavorare altrove. Inoltre aveva denunciato i lunghi turni di lavoro e una retribuzione inadeguata.
Bob sostiene: “Tito prima lo ha ucciso a coltellate davanti a me nell’appartamento di Genova Sestri Ponente, poi a Chiavari gli ha tagliato le testa e le mani. Ha minacciato me e la mia famiglia in Egitto per questo l’ho solamente aiutato a disfarsi del cadavere”.
Tito ha invece ha accusato quale mandante del delitto il fratello di Bob, titolare della barberia di Sestri Ponente che dopo l’omicidio è sempre rimasto in Egitto. Questa la sua tesi: “Bob ha colpito con un pugno all’occhio Mahmoud che si è riparato con le mani ed è andato verso la cucina, allora io sono intervenuto. In cucina c’erano due coltelli e Mahomoud ne ha preso uno, quello portato in casa da Bob. Siamo caduti e cadendo il coltello lo ha infilzato. Poi Bob ha sfilato il coltello e ha iniziato a colpirlo”.
La prossima udienza è fissata per l’8 ottobre.
Foto: i due presunti assassini e la vittima