Camogli. L'allarme che giunge dal Festival: "Il fascismo? Non serve che ritorni, è già qui" - LevanteNews
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Massini, barbero e singer a confronto sul mein kampf di hitler

Camogli. L’allarme che giunge dal Festival: “Il fascismo? Non serve che ritorni, è già qui”

Generico settembre 2024

L’edizione 2024 del Festival della Comunicazione si incammina verso gli archivi sulla scia del più scomodo dei centenari: quello della pubblicazione del Mein Kampf. Correva il 1924 quando Adolf Hitler lo diede alle stampe. Impossibile, per un evento costruito sulla parola, non confrontarsi allora col lato oscuro della forza. Ad addentrarsi in questa selva minacciosa, sotto la guida di Danco Singer, sono Stefano Massini e Alessandro Barbero.

“Il Mein Kampf non è un’autobiografia – esordisce Massini -, esprime invece una visione del mondo. Lì Hitler dice cosa vuole fare una volta al Potere. E, una volta al Potere, lo fa”. Massini, però, suggerisce un esercizio che va ben oltre un’analisi della consequenzialità delle parole con la storia, per toccare le corde più profonde dell’animo umano: “Oggi è troppo facile dire ‘io non sarei stato hitleriano’. Bisogna mettersi nei panni di chi non sapeva cosa sarebbe successo e cadeva sotto il potere ipnotico delle parole di Hitler, sotto la sua empatia”. “Hitler – continua Massini – concepiva le masse come bambini impauriti a cui dire dove è il bene e dove è il male. Sconsigliava di parlare alla testa, ma alla bile, al fegato, per raggiungere la rabbia, l’orgoglio e la frustrazione. E’ lì – diceva – che devi farli innamorare”.

Con il fascismo prima, e il nazismo poi, la politica diventa seduzione anziché persuasione, un paradigma sinistramente simile a quello vigente oggi, al tempo dei social. Massini ricorre a Freud per spiegare la natura uguale e contraria di uomini come Gandhi e Hitler, entrambi capaci di muovere le grandi masse: l’uno mosso da Eros, amore, l’altro da Thanatos, morte. E l’aspetto inquietante del problema è che sono sempre, entrambe in noi, suscitabili da chiunque le sappia evocare attraverso la parola. Diventa discriminante, allora, l’esercizio del pensiero critico, la lucidità di calcolare le conseguenze di quanto ascoltiamo.

A Barbero il compito, e il merito, di inquadrare storicamente la ‘parola’ hitleriana nella storia più ampia, quella dei grandi predicatori e del loro rapporto con le folle, e in quella tedesca successiva alla prima guerra mondiale, ossessionata dal mito del combattente al fronte. Inevitabile la domanda di Singer sul boom dell’estrema destra (ma anche dell’estrema sinistra) alle elezioni regionali tedesche, soprattutto nell’Est. “E’ un voto antisistema – dice Barbero – che risente della memoria nazionale, nazista da un lato e comunista dall’altro. L’errore sarebbe ghettizzare chi protesta, anziché offrirgli un’alternativa”.

Si scivola verso il gran finale, con Massini che esclude il rischio di un ritorno del nazifascismo nelle sue forme storiche. Ma lo scenario è ugualmente drammatico: “Abbiamo tradotto la poltica nei modi del reality show, dove alla fine vi è un vincitore uno. In democrazia chi perde, invece, è minoraza e ha il dovere di criticare e contestare. Se la politica è già torneo, rodeo televisivo, dove chi vince si aggiudica il trono, la guida del Paese, è già fascismo. Non è qualcosa che deve tornare, è già qui. In tutto l’occidente”.