Al tempo del boom economico e nel ricordo dei periodi di “vacche magre” della guerra e del dopoguerra, andare al ristorante o in trattoria era un rito. Seduti a tavola si partiva dall’antipasto per passare al “primo”, poi al “secondo” con contorno, frutta, dolce, caffé, ammazzacaffè. Venne il tempo dell’obesità, del colesterolo, del diabete, dei vegani.
Oggi molti si recano abitualmente al ristorante, ma non per abbuffarsi: tra le possibili scelte un antipasto ed un “secondo”; oppure un “primo” e il dolce. Evidentemente però si è scesi anche sotto questa soglia. Lo si deduce da un ristorante che, a Camogli, avverte i clienti che devono ordinare “almeno due portate”.
Giusto o sbagliato? Ciò costituirà una tendenza? In futuro avremo il taxista disposto a trasportarci ma per una distanza minima di almeno tot chilometri? In farmacia dovremo acquistare almeno due confezioni di medicinale? E le due portate potrebbero trasformarsi nell’obbligo di una consumazione minima di tot euro?
