Cavoli a merenda

Il consumista felice

Accanto alla preordinata funzione di spingere il consumatore all’ acquisto alluvionale di beni voluttuari, il consumismo svolge anche un’altra funzione, che ironicamente può definirsi di prevenzione sociale: distogliere il consumatore dal significato inconsistente di una vita mercificata e ingannarlo con felicitanti acquisti materialisti.

Facilmente, il consumismo è riuscito ad imporsi a livello globale e ad innestare nell’ immaginazione del credulo consumatore il miraggio di un ben-essere materiale, il cui esaudimento è pronta cassa, a patto di dare ascolto ai consigli per gli acquisti.

Questo bombardamento mediatico, per un verso ha conferito in discarica ogni residua riflessione critica individuale, per l’altro ha fidelizzato un consumista, la cui indomita felicità si attiva, non solo acquistando merce, ma anche programmandone l’idea.

Questo consumista felice soprassiede da pensieri fuori rotta e rimuove  dalla mente tutto ciò che non é coniugabile all’ idea omologante del mercato.

Ahinoi, anche il dialogo familiare del consumista felice sperimenta la  soppressione di argomenti critici dall’ ordine del giorno, se non vuole rischiare in prima persona di compromettere il proprio artefatto impianto scenografico.

E’ dunque comprensibile riporre acritica fiducia in un ben-essere individuale, senza ragionamenti introspettivi, e presupporre che “non ha bisogno di pensare chi é in grado di pagare”, scomodando I. Kant.

Pertanto, il consumista felice é orgogliosamente lanciato sul proprio binario, come una locomotiva che, a differenza del bisonte, non scarta mai di lato, per citare Francesco De Gregori.

Tuttavia, sulla questione aleggia un interessante paradosso.

Infatti, se è veritiero ciò che sostiene, tra gli altri, il famoso pubblicitario Frederic Beigbeder: “la gente felice non consuma”, ciò significa che il consumismo affonda le proprie radici & attinge la propria forza nell’ umana infelicità.

 

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