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Il parco di via roccatagliata privo di fiori

Lettere/ ‘Santa’: l’ex ospedale, la magnolia e due proposte green

Generico luglio 2024

Da Alessandra Molinari, storica dell’arte

Sono una sammargheritese, malata oncologica con una patologia particolarmente grave. Ho scoperto già da diversi anni, prima della malattia, la straordinaria efficacia dell’accudimento della natura come pratica terapeutica per dare sollievo ad anima e mente. Il mio luogo di cura è un giardino che sto trasformando in un’area verde per le api. In un mondo finalizzato a mettere a reddito non solo immobili, ma anche persone, animali e piante, non mi prefiggo di collocare in quel giardino delle arnie per ottenere del miele ma di fare felici le api e gli altri impollinatori incrementandone il numero, la sopravvivenza e la qualità di vita.

Scrivo questa lettera perché sono in crescente ansia per la sorte della magnolia (foto 1), lussureggiante ed attempata (ad occhio avrà almeno una cinquantina d’anni), in questo momento in fiore (foto 2), che sorge in compagnia di alcuni alberi di dimensioni più contenute, forse altre magnolie (foto 3) (la recinzione del cantiere vincola l’osservazione dell’area in oggetto solo dall’alto impedendo la corretta identificazione delle piante superstiti), a margine del declivio del vecchio Ospedale di via Roma, dove fervono i lavori per la realizzazione di un parcheggio, la trasformazione dell’antica struttura ospedaliera in unità abitative e la costruzione di un nuovo edificio. Ogni volta che passo di lì (e mi impongo di farlo quotidianamente per verificare lo stato dei luoghi) ho il cuore in gola temendo di scoprire che la magnolia ed i suoi amici (studi recenti hanno appurato che le piante provano il sentimento dell’amicizia e si aiutano vicendevolmente) siano stati tagliati. In effetti ad oggi (1luglio) degli arbusti “di contorno” ne è rimasto solo uno (foto 4).

Confido che quanto prima nel nostro borgo, ma non solo, metta radice l’idea che le piante non costituiscano un oneroso intralcio ai progetti di “riqualificazione urbana”, ma vengano considerate per ciò che esse realmente rappresentano: una preziosa fonte di rigenerazione e benessere in termini di ombra, ossigeno, diminuzione dell’inquinamento, abbellimento, miglioramento terapeutico della salute fisica e mentale degli abitanti.

Osservando il cantiere di via Roma, dove ogni giorno le ruspe sottraggono porzioni di prato alle sempre più sparute piante rimaste in situ, prossime vittime del progetto di messa a profitto dell’area (davanti alla facciata del nosocomio ci sono anche delle piccole palme) (foto 5), mi è venuta un’idea che, se attuata, darebbe veramente una svolta green ed etica al nostro paese in termini di conservazione di memorie cittadine e vestigia di natura.

Perché non preservare questa porzione di verde pertinente all’antico nosocomio (fu inaugurato nel 1841 e ricavato su progetto dall’architetto chiavarese Gio Batta Prato nel seicentesco convento agostiniano della Santissima Annunziata), trasformandola in un giardino in cui le essenze già presenti convivano con altre di nuova piantumazione o provenienti dalle aiuole urbane e dal cimitero cittadino?

Questo piccolo polmone verde legato al nostro vecchio Ospedale sarebbe bello fosse gestito da volontari coordinati da un giardiniere, magari persone malate, che potrebbero così sperimentare i benefici effetti della cura della natura su tutte le principali patologie fisiche e psichiche. La magnolia rimarrebbe il punto focale dell’area ed assumerebbe la valenza di simbolo a futura memoria del conforto elargito da questa pianta ai pazienti dell’ospedale ed ai loro familiari. Una targa affissa accanto ad essa potrebbe ricordare i medici, le suore e gli infermieri che in questo luogo di sofferenze e di trapassi hanno curato ed assistito con capacità umane e dettami scientifici generazioni di sammargheritesi.

Nella stessa ottica sarebbe auspicabile, per una cittadina che si proclama green, prolungare la vita alle molte piante di piccole dimensioni utilizzate per decorare le aiuole cittadine. Come ad esempio lo stuolo di ciclamini, la cui fioritura è legata al tempo invernale e che essendo bulbi con le opportune cure potrebbero prosperare e rifiorire negli anni a venire o come le ortensie che, avendo bisogno di ombra, sono destinate a bruciare vive quando arriverà il caldo torrido dell’estate. Perché non ripiantare queste e le altre piante finora considerate “usa e getta” nei parchi cittadini? Penso in particolare al triste (perché privo di fiori) parco di via Roccatagliata. Oppure, con una modalità ancora più green, in appezzamenti di terra messi a disposizione dal Comune e curati da cittadini che ne facciano richiesta, secondo una prassi messa in atto con successo in altre città.

Spero che chi mi legge condivida in tutto od almeno in parte le mie osservazioni e, secondo le proprie competenze e possibilità, intervenga promuovendo l’attuazione delle mie proposte.

foto 1 scattata il 12.03.24

foto 2 scattata il 13.06.24

foto 3 scattata il 07.03.24

foto 4 scattata il 29.06.24

foto 5 scattata il 01.04.24