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Politica, le riflessioni di luca garibaldi

Chiavari: dalla situazione europea alla sanità e trasporti liguri

Luca Garibaldi, consigliere PD.
Luca Garibaldi

Da Luca Garibaldi, consigliere e capogruppo del Partito Democratico in Regione Liguria

Ciao,

innanzitutto scusatemi. La settimana scorsa ho avuto un po’ di problemi tecnici con la piattaforma che gestisce la newsletter e mi spiace aver saltato il nostro appuntamento settimanale. Dove eravamo rimasti, quindi…

A livello internazionale stiamo registrando gli impatti dei risultati delle elezioni europee. Da un lato, il risultato di stanotte in Francia con il primo turno delle legislative evidenzia come l’avanzata a destra non si stia interrompendo, con il risultato del Rassemblement National, ancora più elevato rispetto a poche settimane fa. E dall’altra parte si leggono due elementi: il primo, rappresentato dal buon risultato del Nuovo Fronte Popolare – il raggruppamento delle forze progressiste – socialiste, ambientaliste, radicali – che rappresenta la reale alternativa alle destre emergenti. Il secondo, il ridimensionamento delle opzioni “terziste”, con l’azzardo fallito di Macron di polarizzare su di sé il consenso di chi si pone in alternativa a Le Pen e all’estrema destra.

La prossima settimana si terrà il secondo turno, e sia i progressisti che i moderati hanno annunciato forme di “fronte comune” contro l’avanzata delle destre, per evitare il rischio che la Francia abbia un governo “nero”, con ripercussioni enormi sull’Europa intera e sui suoi equilibri. Anche in considerazione del fatto che la destra da tempo sta “contagiando” i liberali, con un arretramento politico-culturale assai preoccupante (e il fatto che in Francia vi sia stata, tra i conservatori una spaccatura tra chi ha aderito all’accordo con Marine Le Pen e chi invece l’ha contrastato, è indicativo di una tendenza). C’è uno spostamento a destra, che era presente nelle ultime elezioni europee, ma che non ha reso determinanti le forze estreme per la formazione di una coalizione di governo popolari-socialisti-liberali e l’avvio di un primo pacchetto di nomine, a partire dalla riconferma della Von Der Leyen. Di fronte a questa situazione si registra il pieno fallimento del Governo Italiano e in particolare di Giorgia Meloni, che, comportandosi più da capo dell’ECR – il gruppo dei conservatori e riformisti europei – che da capo di Governo, non ha definito alcuna intesa, e anzi, si è astenuta sul pacchetto di nomine, in cui l’Italia è rimasta senza rappresentanza. E pure senza una maggioranza di governo, visto che le tre forze politiche del centrodestra in Italia, voteranno in Europa in tre modi diversi sul pacchetto di nomine. Forza Italia a favore, la Lega contro e Fratelli d’Italia astenuti. Una Caporetto.

Non l’unica di questa settimana, segnata dalla seconda parte dell’inchiesta di Fanpage sul movimento giovanile di Fratelli d’Italia, Gioventù Nazionale. Dopo l’apologia di fascismo, l’immaginario nostalgico, per usare un eufemismo, sono emersi anche commenti e insulti antisemiti, rivolti peraltro a parlamentari di Fratelli d’Italia. Di fronte a ciò, ci sono state prese di distanze e condanne in merito a “comportamenti personali” ma nessuna operazione di chiarezza, anzi. La presa di distanze è avvenuta sul tema dell’antisemitismo, mentre si continua a non condannare il brodo di cultura fascista in cui cresce la nuova generazione del primo partito di questo Paese (non Nazione, per carità). Un segnale evidente del fatto che Fratelli d’Italia è e resta un partito che non vuole recidere le proprie radici postfasciste, a partire dall’esperienza più eversiva e antidemocratica del Movimento Sociale Italiano, quella che si sviluppa attorno agli anni ’70, con Rauti come modello di riferimento. E non stupisce il fatto che la reazione di Giorgia Meloni sia in piena sintonia con il discorso pubblico dei post fascisti in questo paese, a partire dalla dissimulazione e dal vittimismo. Dietro il quale però si colloca un ulteriore tentativo di attacco alla libertà di opinione e di informazione, rispetto al quale occorre vigilare. Invece occorre mobilitarsi – e in fretta – contro il disegno che riguarda l’autonomia differenziata. Negli scorsi giorni il Presidente della Repubblica ha promulgato la legge e quindi scattano i termini per raccogliere le firme per un referendum.

Oltre a ciò, un gruppo di Regioni ha già iniziato a confrontarsi per opporsi all’implosione strutturale della solidarietà nazionale e ai danni enormi che potrà produrre in questo campo la riforma della destra. A livello nazionale si è al lavoro per creare comitati ampli, con forze politiche, associative, sindacali contro questa riforma. Penso che sia necessario che accanto a questo ci si attivi – a partire dalle opposizioni politiche – anche nelle regioni, a partire dalla nostra, che sarà una delle più penalizzate, essendo la Liguria nei fatti per alcuni indicatori – come la sanità – una regione “del sud” incistata nel nord. Cosa potrebbe accadere se le regioni vicine potessero offrire migliori contratti a medici e infermieri, rispetto a quelli liguri, come la riforma prevede? Per questo penso sia doveroso attivare la discussione anche qui, nella peculiare situazione ligure, a partire dalle forze di opposizione in Consiglio Regionale e alle tante forze che potranno attivarsi per impedire l’implosione del nostro Paese.

LA SETTIMANA DEI PELLEGRINAGGI A CASA TOTI.
Non ho parlato di Toti nella premessa, ma ci torno ora. La settimana appena trascorsa è stata quella dei pellegrinaggi. Prima i tre re magi della Giunta – Piana, Giampedrone e Scajola. Poi il trio della maggioranza in Regione – Rosso, Bagnasco e Rixi. E oggi il duo del suo partito nazionale – Lupi e Bacchelli.  Ogni comitiva in questo pellegrinaggio si è comportata in maniera diversa. I tre pellegrini della giunta hanno hanno indetto una conferenza stampa per fare sapere che Toti aveva benedetto il loro operato e li aveva invitati ad andare avanti fino alla fine del mandato, pungolandoli a rispettare le sue decisioni e a comunicare al meglio “gli straordinari risultati”. I tre hanno aggiunto che ci sarebbe stato pure un prossimo incontro in cui si discuterà di cosa inserire nel prossimo bilancio, lieti di far sapere che sono eterodiretti da uno agli arresti domiciliari per corruzione e voto di scambio. Una messinscena patetica, da Repubblica delle banane.

I tre segretari delle forze politiche di maggioranza si sono ben guardati dal fare una conferenza stampa, rilasciando un generico comunicato stampa in cui si esprimeva fiducia e sostegno a Toti, ma aggiungendo – sui giornali – che si sta già pensando al dopo Toti, quando si andrà a votare. Su Lupi e Bacchelli, non si scomoda ad accompagnarli neppure l’Avvocato difensore di Toti, quindi evito anch’io di sprecare tempo.

Ora, nel Consiglio Regionale della scorsa settimana abbiamo chiesto conto al Vice Presidente Facente funzioni del pellegrinaggio, visto che pare che Toti avesse dato i compiti a casa alla giunta – su sanità, rigassificatore e nomine. La risposta di Piana è stata indicativa: non aveva nulla da dire di più rispetto alla conferenza stampa del giorno prima. Non contano i luoghi del confronto democratico ed istituzionale, ma solo la comunicazione. Ad ogni modo, in quel Consiglio poi si sono chiarite alcune questioni.  La prima è che – dopo l’illuminante incontro con Toti – per la Regione il ruolo di Commissario al rigassificatore di Vado non deve più ricadere sul Presidente (neanche facente funzioni).

Quello che con Toti era un impegno di responsabilità per “salvare l’economia” (ricordo le frasi di Toti in cui descriveva la di posizionare il rigassificatore a Vado per garantire che la gente potesse farsi la doccia con l’acqua calda), ora diventa una palla avvelenata da rispedire al governo nazionale e in particolare modo, a Giorgia Meloni. Abbiamo proposto di chiedere al governo non un nuovo commissario, ma di recedere dall’opera, contestata in ogni dove, ma la maggioranza ha respinto la nostra richiesta, sostenendo che non sono nè favorevoli, nè contrari, ma che nel dubbio sono favorevoli, sperando che poi se ne occupi un nuovo commissario. Un branco di ignavi. La seconda è che, pur avendo i tre assessori pellegrini dichiarato che non si era parlato di cariche amministrative con Toti, e neppure di nomine, casualmente qualcosa è accaduto subito dopo. La Giunta ha rinnovato l’incarico di Direttore Generale di ALISA – il carrozzone da 400 milioni di euro l’anno che non gestisce la sanità ligure – per altri due anni.

E non è l’unica nomina di cui si discuterà nelle prossime settimane. Chissà se Cuocolo, ora presidente di FILSE, rimarrà al suo posto (ho visto che è stato indicato Presidente della Fondazione Carige poco fa, proprio nel mezzo dell’inchiesta). O chi sarà indicato nella Società per Cornigliano, che si deve occupare dell’utilizzo delle aree ex ILVA. Tra pochi giorni scadono i termini e la maggioranza non ha ancora presentato un nome, ma ha fatto inserire tra i criteri il fatto che il designato debba essere un esperto non solo di industria, ma anche di “logistica”. Per chi conosce la vicenda, significa confermare l’apertura che Toti e Bucci da tempo sostenevano rispetto ad un utilizzo non industriale di quelle aree. E non è un segreto che Spinelli avesse da tempo nel mirino quelle aree per espandere le proprie attività. Chi proporrà la maggioranza, quale profilo avrà, sarà un esperto in industria o in logistica? Infine, c’è un punto, che riguarda il fatto che nonostante questa spasmodica attenzione su quanto fa Toti, siamo già nel dopo Toti. E a dirlo è proprio lo stesso presidente della Regione agli arresti, con le sue ultime mosse giudiziarie.

Un mese fa Toti, a margine del suo interrogatorio dopo l’arresto per corruzione, aveva diffuso le sue memorie difensive, in cui rivendicava pienamente il suo modo di rapportarsi con gli imprenditori privati e la legittimità di chiedere finanziamenti agli stessi soggetti per le cui pratiche si era interessato. Aveva inviato pure una lettera in Consiglio Regionale per spiegarci “il primato della politica” in tutte le sue scelte. Nella sua istanza al Riesame per ottenere la revoca dei domiciliari, Toti ha invece sostenuto il contrario: che si rende conto delle accuse e che si asterrà in futuro dal muoversi come aveva fatto finora nei confronti dei privati a cui, promette, non chiederà più finanziamenti. Toti nel giro di un mese ha smentito se stesso: da modello di governo rivendicato in ogni piazza il tutto diventa modalità da archiviare e da non ripetere. È un’ammissione di responsabilità politica evidente e chiara rispetto un modello di gestione del potere che sta collassando. E che è la “firma” del totismo, in questa scientifica estrazione di capitali privati per sostenere questo movimento personale.

Non esiste a livello italiano un movimento o un partito che abbia così pochi voti (vedi l’esperienza di Cambiamo e Noi Moderati) ma così tanti finanziamenti: solo dal 2020 ad oggi sono transitati sui bilanci dei Comitati Toti 1,1 milioni di euro di fondi da imprese e soggetti giuridici. Una cifra abnorme. Ora, Toti dice che non lo farà più (perché non si ricandiderà). Ma il punto politico che rende necessarie le sue dimissioni, è il modello opaco che ha costruito, non il fatto che non voglia ripeterlo, qualora tornasse in carica. Un modello opaco che è un modello fallimentare e i cui elementi critici vengono a galla – spenta la macchina della propaganda – ogni giorno di più. Solo nell’ultima settimana, questi i dati: 229 milioni di euro di buco della sanità ligure, solo nel primo trimestre; Acciaierie d’Italia ha mandato in cassa integrazione il doppio del personale che si prevedeva; 1 minore su 5 a Genova vive in condizione di povertà assoluta; l’economia ligure, secondo Banca d’Italia, sta rallentando e gli indicatori sono sempre più fragili; la Diga di Genova ha già 180 milioni di euro di extra costi in più, e tutte le criticità rimangono ancora lì, irrisolte.

Questa è l’eredità di governo di Toti e della destra, con una giunta e una maggioranza che non in grado di fare nulla se non provare a garantirsi qualche giorno di sopravvivenza in più a scapito del destino – economico e sociale – dei liguri e che ci regala anche l’immagine di mezza giunta che va con il bloc notes a prendere appunti a casa da un presidente della regione agli arresti domiciliari, come ulteriore tassello di un degrado istituzionale e politico che dovrebbe terminare al più presto.

UN CONSIGLIO STRAORDINARIO SULLA SANITÀ LIGURE, PER SALVARLA DAI DISASTRI DELLA DESTRA
Nel 2024 abbiamo 229 milioni di disavanzo, 100.000 liguri non si curano più, mancano 1200 infermieri e 800 specialisti, le liste d’attesa aumentano. Zero nuovi ospedali e tanti soldi sprecati. Come forze di opposizione in consiglio regionale – Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Lista Sansa, Linea Condivisa e Azione – abbiamo depositato  la richiesta di convocazione di un consiglio straordinario sulla situazione del Sistema sanitario ligure. Una seduta necessaria, per discutere lo stato di attuazione delle politiche previste dal Piano socio sanitario, conoscere gli indicatori dei servizi sanitari, socio sanitari e territoriali, a partire dallo stato delle liste d’attesa e l’attuazione dei progetti di edilizia sanitaria, passando dall’evoluzione dei conti economici di tutte le aziende, l’inefficacia del sistema di governance regionale, fino agli impatti sulla Liguria delle iniziative promosse dal governo nazionale in materia sanitaria, compresi i tagli agli investimenti e ai ritardi nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. L’eredità di Toti sulla sanità è drammatica: nessun nuovo ospedale realizzato da quando la destra è al governo; un disavanzo sanitario che sta esplodendo; un aumento delle fughe dei pazienti che vanno a curarsi fuori regione; liste d’attesa che continuano a essere insostenibili, con decine di migliaia di liguri che rinunciano a curarsi. Un sistema di sanità pubblica con una carenza estrema di personale medico e infermieristico e con una medicina territoriale estremamente fragile.

E infine un modello di governo della sanità bizantino, a partire dal fallimento di ALISA, alle strutture di missione e ad un sistema di consulenze, advisor esterni, cabine di regia, modelli costosi, inutili senza alcun impatto positivo sull’organizzazione e sull’efficacia del sistema. Questo il quadro della sanità pubblica ligure con la destra al governo. Un quadro destinato a peggiorare sempre di più in questo limbo in cui la destra tiene in ostaggio la Liguria, a cui si aggiunge l’incapacità della giunta di porre in atto politiche in grado di gestire il diritto alla salute.

SUBAPPALTI NEI CANTIERI PUBBLICI REGIONALI.
30 LAVORATORI SENZA STIPENDIO, NELL’INDIFFERENZA DELLA GIUNTA
Invece che andare in pellegrinaggio a casa di Toti per farsi dire cosa deve fare, l’Assessore alla Casa Scajola farebbe meglio ad andare nel più grande cantiere pubblico gestito dalla sua partecipata all’edilizia popolare – Arte – in Via Novella, al CEP a Genova. Un appalto pubblico da 20 milioni di euro, in cui si sono susseguite situazioni inaccettabili. Prima un ricorso selvaggio al subappalto, con la sospensione dei lavori per questioni di sicurezza e la scoperta di 12 lavoratori in nero. Poi, ora, la denuncia degli operai delle ditte in subappalto che non ricevono lo stipendio da mesi. Venerdì i 30 lavoratori sono scesi in sciopero, in mancanza di risposte. Il ricorso alle catene di subappalto crea questo, riduzione dei diritti dei lavoratori e della sicurezza: e quando é il pubblico a favorire questo processo, la situazione è ancora più grave. E non si tratta di un caso isolato: in altri cantieri gestiti dalle aziende pubblica di edilizia popolare – Arte per la Regione e Spim per il Comune di Genova – i sindacati da tempo denunciano situazioni simili, con ritardi nei pagamenti e condizioni di sicurezza precarie.

Tutto questo nell’indifferenza, o meglio nella complicità, della giunta regionale: a riprova del fatto che quando i problemi (nei cantieri e non solo) riguardano la vita quotidiana delle persone, e non i grandi interessi economici, la destra al governo non muove un dito.

IN BREVE.
Ho da recuperare un sacco di notizie, ma per evitarvi una newsletter ancora più lunga del normale, concludo con alcuni flash di aggiornamento, dandovi già una notizia. In questi giorni sto organizzando una serie di incontri sul territorio per discutere di quanto sta accadendo in Regione Liguria, con dati, spunti, riflessioni (parto da Chiavari, sabato pomeriggio). Chi volesse sollecitare qualche “tappa”, può scrivermi qui e integro volentieri.

ADVISOR ESTERNO PER I CONTI DELLA SANITÀ Vi ricordate i 450mila euro stanziati dalla Giunta per portare un consulente esterno a controllare i conti della sanità? Era una scelta che avevamo fortemente criticato perché da un lato questo lavoro lo dovrebbe fare la Regione, che però ha proprio formato una Azienda apposita per questo – ALISA – che ha nei compiti statutari il coordinare la gestione sanitaria. Ora, è emerso in audizione che la Corte dei Conti abbia attenzionato questa spesa, e che quindi ad oggi sia tutto fermo.
GASLINI, IL RAPPRESENTANTE DELLA REGIONE NON PARTECIPA MAI, MA VA TUTTO BENE. Alcune settimane fa è uscita una notizia, mai smentita dalla Giunta. Cioè il fatto che il rappresentante indicato da Regione Liguria presso il Gaslini non sia mai presente ai Consigli di Amministrazione e che però non si pensi di sostituirlo, nonostante la centralità del Gaslini e i grandi investimenti. Il suo nome è Mario Costantino, è il patron di Europam – azienda petrolifera – e anche, in aggiunta, il maggior finanziatore di Toti, da sempre.
TRASPORTO PUBBLICO LOCALE. LE AZIENDE A RISCHIO COLLASSO MA LA REGIONE NON METTE UN EURO. Giovedì scorso ho partecipato alla presentazione in Commissione III Trasporti dell’assestamento di bilancio della Giunta. Un documento tecnico, vuoto, senza un’idea e senza una proposta. Slittano di un anno oltre 50 milioni di euro di investimenti del Fondo Sviluppo e Coesione e del PNRR, a riprova del fatto che la destra al Governo le opere non riesce a farle e le ritarda. In tutto questo ho sottolineato un tema, cioè la sofferenza dei sindacati e delle aziende di trasporto pubblico locale che da tempo lanciano allarmi su carenze nei fondi regionali e nazionali con il rischio di tagli ai servizi e agli investimenti. Da ponente a levante, ogni azienda di TPL ha enormi criticità gestionali che sono state rappresentate alla Giunta, che per tutta risposta non mette un euro in più per cercare di limitarle. Non un euro in più. Abbiamo chiesto all’Assessore Sartori come mai: non ci ha risposto. Penso ci stia ancora pensando.

 

 

 

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