Un progetto ventennale

Fontanabuona: il “curioso caso” del broker contadino che vuole riportare Piandeipreti a un secolo fa

A Piandeipreti, località dal nome curioso che fa parte del Comune di Tribogna, il clima è perfetto. Almeno nei mesi estivi, quando un venticello fresco spazza l’aria fungendo da termostato naturale. “Quando posso salgo sulla collina dietro casa con la sdraio e un libro”, mi dice Sandro Bragoli. “Quando posso”, perché qui alle Terrazze Bacigalupo il lavoro non manca mai, che si tratti di potare ulivi, tagliare erba, pulire boschi, manutenere vigne, occuparsi di burocrazia, che forse è la fatica maggiore.

Partiamo dall’inizio, da questo nome. Che cosa sono le Terrazze Bacigalupo? Sono già una realtà, in parte, perché l’anno scorso da queste terre sono stati “spremuti” 30 litri d’olio extra-vergine e 40 chilogrammi di farina di castagne. Un piccolo assaggio di prodotto destinato a crescere esponenzialmente. Sono un progetto in fieri, per molti aspetti. Ma sono soprattutto un sogno, una visione: quella di aprire un varco temporale per riportare il mondo all’incanto che il “progresso”, o quello che ci ostiniamo a chiamare così, gli ha sottratto. Il sognatore in questione ha 43 anni, è di Genova, fa il broker e qui a Piandeipreti, dove si rifugia nel week end, si sente a casa. Le fasce olivetate,  terrazzate con i muretti a secco e i boschi di noccioli e castagni sono il suo paesaggio d’infanzia. Terra seminata di ricordi, ma anche di sudore e di sacrificio dei suoi avi. Lui, Sandro Bragoli, è la settima generazione di quei “Bacigalupo” che hanno legato il loro nome a questo fazzoletto di terra che negli ultimi 3 anni e mezzo, quando il sogno ha avuto inizio, si è ampliato fino a contenere 4 corpi distinti di terreno per 20 ettari totali.

Attenzione: qui siamo in campagna, e in campagna nulla è semplice, nemmeno acquistare un lotto di terra: bisogna localizzare con precisione la porzione di proprio interesse – e l’interesse varia in base all’esposizione e ad altre variabili logistiche come la costruzione di una strada di servizio -, individuare i proprietari, spesso in numero superiore a uno, e convincerli a venire dal notaio a firmare, talvolta per poche centinaia di euro. Compra un lotto e comprane un altro, Bragoli ha affrontato qualcosa come 12 atti notarili trattando con 45 soggetti diversi. Il punto è che per un broker, seppur contadino, la matematica è matematica: 20 ettari sono la superficie minima perché il “sogno” si possa chiamare azienda, perché possa cioè sostenersi economicamente e quindi avere non solo un presente, ma anche un futuro credibile davanti a sé.

Qui alle Terrazze si impara molto, anche con un semplice giro turistico: non tutti sanno che nell’Alta Val Fontanabuona erano in uso muretti realizzati con una particolare tecnica chiamata “a coltello”. Si dispongono le pietre in ardesia di costa e ne si intervallano le file con della terra a fungere da malta, in modo che anche il muro possa contribuire a “fare fieno” per le bestie. Un’agricoltura verticale ante-litteram che presenta molti vantaggi, a partire dalla resistenza dei manufatti. Anche alla pressione dei cinghiali. Di questi muretti, costruiti con ardesie spaccate dai filoni a vista, le terrazze vantano qualcosa come 10 km.

Le fasce esposte a sud sono adibite a vigne e ulivi. Per l’azienda sono due argomenti cruciali e meritano una trattazione separata. Se siete liguri e vi viene in mente di produrre del vino, armatevi di santa pazienza. Intanto perché fra gli impianti e la prima vendemmia passeranno tre anni. E poi perché, se avete bisogno di terra per entrare a regime e far quadrare i costi coi benefici, sappiate che in Italia esiste una legge nata da un indirizzo europeo che impone a chi vuole impiantare un vigneto di acquistare i diritti di coltivazioni già esistenti o di partecipare al bando annuale della Regione Liguria. Un bando basato su un ampliamento generale dell’1% rispetto alla superficie viticola complessiva. Semplificando: se da Ventimiglia a Sarzana la richiesta è di 200 ettari, quelli messi a bando sono 16. La soluzione ci sarebbe: permettere alle regioni che hanno quote in eccesso di cederle a chi ne ha bisogno. Ma l’Italia di oggi è questa: è terra di problemi, più che di soluzioni. Sic stantibus rebus, il progetto delle Terrazze Bacigalupo raggiungerà il suo punto apicale fra circa 20 anni, con 3 ettari di vigneti destinati a Portofino Doc. Parliamo di 15-18 mila bottiglie l’anno. L’olio pone invece meno problemi: a regime, gli 800 ulivi della proprietà produrranno altrettanti litri di prodotto altissima qualità, addirittura biologico. Per chi vive sulla costa si tratta di un’idea esotica, di un lusso che la presenza della “mosca” non rende accessibile. Qui però siamo in altura, d’inverno fa freddo, e le specie carpofaghe non amano il freddo. Anche gli ulivi, a dire il vero, non lo amano, e infatti producono circa la metà dei loro corrispettivi costieri. “Ma i mancati introiti vengono controbilanciati dai minori costi d’intervento”, rivela Bragoli.

Insomma, i conti tornano sempre. Un concetto non secondario, questo, perché è la premessa di un fatto tanto semplice quanto significativo. Già l’anno prossimo, grazie al fatto che “al netto degli investimenti l’azienda è già in utile”, verrà assunto il primo operaio. E i progetti potranno continuare a definirsi: entro 2 anni le terrazze saranno corredate di pannelli didattici a beneficio delle scolaresche in visita. E’ il segmento così detto esperienziale: già ora vengono organizzate visite guidate per gruppi e famiglie con passeggiate e degustazioni e giornate dedicata alla raccolta delle ulive. Le potenzialità sono illimitate, a partire dalla possibilità di attrezzare un’area per aperitivi o eventi privati. Ma tutto a suo tempo: ora, il tempo è quello di riportare i boschi a un secolo e mezzo fa, ripristinando distanza e luce a beneficio di castagni e noccioli; di capitozzare gli ulivi per produrre fronde più lunghe e sottili; di restaurare essicatoi e stalle; di dissodare terreni per impiantarvi nuove vigne. E’ tempo di lavoro. E’ tempo di sognare.

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